PASSO DOPO PASSO
La storia cambia

Storie di uguaglianza
dal Duca degli Abruzzi

Una scoperta che ci piace

"Le donne in agricoltura sono discriminate rispetto agli uomini". Siamo partiti da questo assunto a ottobre 2020 ed eravamo certi che gli esiti della nostra inchiesta avrebbero confermato questo pensiero amaro.

E invece no! Partendo da un'analisi storica della presenza femminile all'interno del nostro Istituto, confrontandoci con i nostri nonni, chiedendo a professori di oggi e trovando voci e storie di ex studentesse già inserite lavorativamente, la prospettiva si è capovolta!

Seguiteci in questo viaggio dentro al settore agroalimentare: incontrerete uomini e donne, ragazzi e ragazze che lavorano fianco a fianco e che ci ricordano che ciò che è importante è formarsi, specializzarsi, dimostrare con chiarezza e fermezza quanto si vale!

Le donne in ambito agricolo-alimentare sono ricercate e offrono un contributo importante in questo campo.

Amare il proprio lavoro, portando ognuno le proprie caratteristiche e specificità! Donne e uomini: senza invidia, senza pregiudizi. Questa la strada da continuare!

La Storia racconta cambiamenti

Abbiamo raccolto da Giosmin Lorenzo, 80 anni di Montà, una sua testimonianza sulla storia dell'agricoltura.

 Negli anni Trenta le donne, oltre a badare ai figli, si occupavano degli animali di cortile, come polli, oche, conigli, faraone e anatre (a quegli anni molto in voga). La stalla invece era quasi esclusivamente il settore degli uomini. A differenza dei giorni d'oggi che si hanno gli allevamenti intensivi , a quel tempo ognuno possedeva la propria stalla dove risiedevano una ventina di vacche da latte. In più non si arava per mezzo del trattore ma attraverso i buoi da lavoro.  

Inoltre le donne si dedicavano ai lavori nei campi, vieni a raccogliere il fieno. Gli uomini falciavano mentre le donne lo giravano, lo mettevano a seccare e lo rastrellavano. Infine sia gli uomini che le donne lo ponevano nei fienili. Quando vi era il momento della potatura delle vigne, si portavano a casa i tralci e si formavano le fascine per inserirle nel focolaio. 

Dopo guerra, negli anni Sessanta, la situazione ha cominciato a cambiare. Le donne hanno iniziato a lavorare nelle fabbriche oppure sono diventate sarte o magliaie. Ha incominciato a svilupparsi un po' l'industria e quindi sul campo si cominciava ad andare pochissimo. Sono stato avviato i trattori mentre la mietitrebbia è arrivata successivamente.  

Prima dell'arrivo delle motopresse, vi erano delle macchine che producevano paglia sfusa, dunque erano gli uomini che la raccoglievano a mano e la inserivano nel pagliaio. Dopo aver avuto le prime imballatrici che formavano balle di fieno piccole e di forma quadrata. Negli ultimi trent'anni circa sono state generate macchine in grado di produrre balle di forma rotonda. Le prime presentavano degli aghi semicurvi che passavano il filo all'interno per legare le balle. 

Ai giorni nostri il grano viene inserito nel rimorchio mentre una volta nello staio, che era uno strumento cilindrico, conico, utilizzato come un'unità di misura nell'Italia settentrionale (quando vi era la mezzadria e bisognava dare il pagamento al padrone si utilizza questa unità di misura).

Inoltre le donne preparavano e portavano gli alimenti, verso la mattina (come latte e polenta), agli uomini che lavoravano nei campi. Dopo guerra, vi era molta fama e le verdure ei frutti erano scarsi; si avevano patate, cavoli, rape e in inverno le verze.

Le donne: da sempre la colonna portante della società

Ponchia Fabio è un ex guardia di caccia e pesca, ha 75 anni e da sempre vive a Padova.

«Nei tempi di guerra per chi abitava a ridosso delle mura che circondavano e proteggevano la città, era un periodo ricco di difficoltà – racconta – Alcune famiglie coltivavano la terra e possedevano qualche animale, come vacche e galline. Si cosa di ciò che si produceva. Dopo la guerra queste zone si erano molto impoverite: i diversi bombardamenti hanno rovinato tutto». 

Le donne in tutto questo avevano dei compiti diversi e un ruolo straordinario nella gestione della famiglia. «Oltre a badare ai figli, dedicarsi all'orto, agli animali e gestire la spesa ei soldi. Si trattava di una famiglia matriarcale, diversamente da chi si trova in campagna dove gli uomini lavoravano e le donne devono occuparsi del focolare». Nasce da quest'esperienza di vita vissuta l'opinione che il signor Ponchia ha della donna nel mondo del lavoro. «Le donne rappresentano la colonna portante della famiglia; sono grandi lavoratrici e possono essere inoltre delle brave imprenditrici non solo nel contesto della famiglia ma anche in quello del lavoro. Sicuramente sono in grado di gestire perfettamente un'azienda agricola e possono ottenere dei grandi risultati. »

La presenza femminile al Duca degli Abruzzi

L'istituto agrario Duca degli Abruzzi a Padova ha una storia ormai secolare. Sorto nel 1874 in un antica sede benedettina e attuale sede centrale, oggi ancora è un punto di riferimento per la formazione in ambito agroalimentare.

Ma come è cambiata la fisionomia di quest'istituto?

«Sono in questa scuola ormai da più di dieci anni – afferma il vicepreside Nicola Maggini – e ho visto cambiare volti e presenza degli studenti. Nel 2004-2005, guardando ai dati delle iscrizioni, erano presenti circa 1 o 2 ragazze per corso, attualmente invece arriviamo fino a 8 per ogni classe. Nella sezione tecnica su 670 alunni 175 sono ragazze: questi dati ci dicono che negli ultimi 15 anni la femminile hanno visto un aumento della frequenza. Nel 2010 al professionale c'erano 236 alunni, di cui 30 erano ragazze; alla sede tecnica c'erano 95 ragazze su 526 alunni totali».

E dove trovano impiego in modo particolare le studentesse che escono dal Duca degli Abruzzi?

«Abbiamo notato come ci sia un impiego maggiore di donne all'interno delle aziende nel settore di controllo della qualità e della produzione. Mi piace far riferimento a un'azienda che è gestita da sole donne e commercia principalmente con l'Inghilterra. Questa azienda confeziona frutta e verdura che poi viene esportata in tutto il mondo. Alcune ragazze dopo il secondo ciclo di studi e aver conseguito il diploma vanno nelle aziende come la Barduca (www.barduca.com) per fare il controllo qualità e produzione, così da assicurare il più possibile un prodotto sano e sicuro». 

Perché si iscrivono più ragazze all'istituto agrario?

«Innanzitutto grazie a un motivo culturale: sono libere di scegliere anche indirizzi con una storia più “maschile” o con materie e specializzazioni che un tempo erano appannaggio più dei maschi. Avere ragazze in classe è davvero una conquista. Anche dal punto di vista didattico e dell'insegnamento, le classi con presenza femminile sono di più facile gestione rispetto a quelle dove la presenza è di soli maschi. Le ragazze stabilizzano la situazione del gruppo e possono essere un punto di riferimento».

Un'aspettativa importante: realizzare i propri sogni

Lisa Baccarin frequenta la 4B del Duca degli Abruzzi. «Ho scelto questa scuola perché è un sogno che coltivo dalla quarta elementare: da “grande” volevo fare la veterinaria ma negli ultimi anni ho cambiato idea sull'università. Le aspettative iniziali erano di fare molta pratica e stare tanto a contatto con gli animali, conoscendo prima teoricamente ciò che facevamo. Purtroppo questo non si sta realizzando: le ore si stage sono state limitate e la pandemia ha bloccato anche i laboratori in parte. Ora come ora ho molta confusione in testa: le idee che avevo prima si sono cancellate, mi è passata la voglia di continuare gli studi e con il percorso che ho fatto durante questi anni ho varie idee ma per ora neanche una precisa. L'unica idea, o meglio sogno, è di andare a lavorare in un maneggio per poi aprirne uno mio, oppure come infermiera in una clinica veterinaria». Il fatto di essere una ragazza che frequenta una scuola ad alta percentuale maschile non è penalizzante. «Forse certi ragazzi o professori sono discriminatori ma con il tempo si stanno abituando ad avere più alunne e noi ci stiamo abituando a non farci mettere i piedi in testa, almeno io e le mie compagne. L'ambito agroalimentare, come la scuola, si sta abituando ad avere figure femminili in tutti i reparti, dai veterinari ai gestori di aziende agricole! Posso dire di aver avuto una scuderia in una scuderia in cui ho provato a lavorare, per il fatto che ha iniziato a pagare il ragazzo che lavorava lì con me prima e di più, e a me dopo due settimane ha offerto 5€ alla giornata) ma credo si parli di un elemento a parte; cominciando a frequentare delle fiere con la scuola ho visto che la presenza femminile è sempre più abbondante e, per fortuna, trattata normalmente». 

Lavoro e natura: è un binomio possibile?
Davide Dalla Pria è uno studente di 4B del Duca degli Abruzzi.
Perché hai scelto questa scuola?
«Mi piacciono gli animali, l'ambiente e guardate un contatto con la natura.»
Che aspettative che avevi prima di entrare in questa scuola? Si stanno realizzando?
«Inizialmente credevo di entrare in una scuola con parecchi laboratori, molti insegnamenti pratici e uno studio più approfondito. Nonostante ciò le mie aspettative si stanno via realizzando.»
Quali materie ti hanno preso di più? Quali di meno?
«Le materie che mi hanno colpito di più sono state: produzione animale e vegetale, dalle quali ho tratto molti insegnamenti. Al contrario quelle che mi hanno colpito di meno sono state trasformazione dei prodotti e genio rurale.»
Che aspettative future hai per il futuro ?
Sicuramente di lavorare sempre nel settore agricolo, in questione in mezzo al verde. La mia idea è di lavorare concretamente all'interno di un vivaio o svolgere il lavoro di controterzista,; ma ad oggi non lo so con preciso.»

Sei preoccupato di entrare in un ambiente lavorativo del tutto nuovo?
« l fatto di andare a contatto con persone che non conosco mi spaventa ma è giusto, visto che nuove esperienze di vita.»

Ti preoccupa di lasciare la scuola o sei entusiasta?
«Al contrario, mi entusiasma il fatto di provare un nuovo stile di vita, ovvero quello lavorativo.»


Secondo te ci sono differenze in agricoltura tra maschi e femmine in agricoltura?
«Secondo me non ci sono differenze, tutti hanno le stesse possibilità in individualmente dal fatto che sia maschio o femmina.»

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Rivoluzionare il mondo

Debora Zambello , ha 27 anni si è diplomata al Duca degli Abruzzi sette anni fa, nel 2014.

Ha scelto questa scuola perché rispecchiava le passioni. Questo indirizzo le ha dato la possibilità di entrare di più in contatto con la realtà lavorativa facendo attività di alternanza scuola lavoro e grazie alle ore di laboratorio con i professori una fare esperienza nella stalla e nei campi.

Negli anni in cui studiava al Duca degli Abruzzi, a scuola si tenevano anche i cavalli: passione di Debora fin da quando era piccola. Ancora oggi ne tiene due di razza TPR a casa sua solo per passione non per scopo lavorativo, la sua famiglia infatti non ha allevamenti. Questo interesse è partito dal nonno che ha la passione per gli animali

«Questa scuola – afferma– fornisce sì, sia teoria che pratica ma tra le due c'è tanta differenza, per l'appunto alcuni aspetti mi sono stati d'aiuto altri no, perchè si impara grazie ai corsi ma soprattutto facendo. A questo punto dunque la preparazione per il mondo del lavoro non ha servito molto perché la teoria serve ma con la pratica si ha un altro approccio. Bisogna sbagliare per imparare. Bisogna tenere in considerazione anche che non tutte le aziende sono uguali e che ognuno deve trovare il proprio indirizzo ed equilibrio».

Diplomata, Debora aveva pensato di provare ad entrare all'università con indirizzo veterinario ma poi ha capito che quello che la appassionava di più non è curare l'animale ma bensì allevarlo e questo l'ha portata a raggiungere grandi soddisfazioni.

Da sette anni ha finito le superiori. È andato a lavorare subito nell'azienda zootecnica del suo compagno poi per diversi problemi ha dovuto cambiare. Ora sono quattro anni che lavora nell'azienda attuale dove hanno capre, vacche ed il caseificio aziendale. Lei segue la stalla con un altro ragazzo. «L'azienda ha una certificazione biologica. si lavora per il benessere animale al 100 per cento racconta - si utilizza cibi genuini e biologici come l'erba medica e il fieno coltivati ​​​​​​​​​​​nei campi dell'azienda e raccolti da conto terzi. come medicinali in primis si ricorre all'omeopatia ovvero alla cura dell'animale con rimedi naturali senza l'uso di principi attivi. Il latte viene trasformato in azienda e venduto sia nello spaccio che al di fuori sempre certificato biologico. Ci sono due operai in stalla che si turnano la mattina e la sera per la mungitura e l'alimentazione. Durante la stagione dei parti delle capre e delle vacche, 2/3 volte a settimana lavorano il latte e quando è l'ora del pascolo mettono dei recinti su una vallata dove vengono munte la mattina e in giornata pascolano fino a sera. Qui vengono munte una seconda volta e restano in stalla per tutta la notte per una questione di organizzazione del lavoro. Hanno 140 capi di cui 12 vacche, 6 manze e vitelli». 

Quello che porta Debora e continuare con questo lavoro è la passione e, nonostante sia un lavoro difficile, è un continuo stimolo a migliorare.

«In passato ho ricevuto commenti dispregiativi inerenti all'idea della presenza di una donna che lavora in agricoltura. Tutt'ora sento che veniamo discriminate perché premuroso inferiori all'uomo ma in realtà la presenza di una donna è veramente importante, riesce a garantire stabilità e coordinazione tra i vari lavori che ci sono da svolgere e anche se abbiamo meno forza non significa che non è in grado di sostenere questo lavoro».

Debora è una ragazza risoluta, che affronta le difficoltà a testa alta. Il suo messaggio è che non bisogna badare a tutto ciò che ci viene detto!

 «Un giorno mi sono presentata ad un corso sul pascolo razionale: tutti mi guardavano male perché era l'unica donna tra tanti uomini».

Sua sorella, che ha fatto l'alberghiero, ora lavora nel caseificio della stessa azienda dove lavora Debora: se si fa una scuola diversa, comunque si può cambiare indirizzo lavorativo.

In questa azienda ci sarebbero tante cose da sistemare però Debora ha altri progetti per il suo futuro. Al giorno d'oggi ci sono molti paletti e difficoltà nell'aprire un'azienda, dovuti ai costi alti per le materie prime, inoltre partire da zero con pochi capi di bestiame è faticoso perchè il debito sarebbe molto alto. 

Debora è tenuta a partecipare a corsi di formazione e aggiornamento sia sulla gestione economica dell'azienda che sul benessere dell'animale.

«Consiglio alle ragazze di fare esperienze varie come la pet therapy che è utilissima per i bambini ed è un'attività che sta avendo molto sviluppo in questi ultimi anni. È importante investire denaro perchè le realtà diverse che portano ad avere una mentalità aperta. Non soffermatevi ad una mentalità chiusa, non scegliete la via più facile ma rivoluzionate il mondo e dite le cose come stanno! Le donne devono valorizzarsi ed essere più valorizzate . Se si sceglie di lavorare in un'azienda intensiva si hanno maggiori responsabilità, si collabora con operai in volumi diversi; se si preferiscono le piccole aziende ci si trova davanti a dei limiti. insomma il mondo del lavoro è tutto da scoprire!»

Coltivare il futuro

Federica Franzoni, 26 anni, lavora in una malga, ha iniziato a frequentare l'istituto tecnico agrario Duca degli Abruzzi dal terzo anno. «Quando ho iniziato a frequentare la prima superiore del liceo classico, mi sentivo bene con la scelta che aveva preso – racconta - ma quando ha iniziato la seconda superiore ha notato che era molto teorica e poco pratica. Ero arricchita dagli studi ma non ero soddisfatta. Avevo la sensazione che non mi restasse niente “in mano” e alla fine sono arrivata alla conclusione di cambiare scuola e iscrivermi ad Duca degli Abruzzi». Questa sua decisione era motivata proprio dal desiderio di arricchirsi di teoria ma anche stare a contatto con la natura e ha scelto il Duca perché offriva tanti aspetti della produzione e dell'agricoltura. «In questa scuola ho davvero toccato con mano tutto questo, grazie alle diverse possibilità, come la produzione di alberi da frutto, vigneti. C'erano vacche cavalli e il caseificio era in costruzione. Altre scuole erano concentrate su un'unica produzione. All'inizio della terza ho capito che volevo immergermi nel mondo dell'agricoltura e nella natura».

Questa passione l'avevi fin da piccola o ti è sorta negli ultimi anni ?

«Ho vissuto sempre in mezzo all'agricoltura perché i miei genitori lavoravano nel settore terziario e commercio (hanno un emporio agrario), ma la passione mi è sorta a 16 anni , ovvero quando ho dovuto cambiare scuola, e man mano cresceva sempre di più . Per i miei genitori questa scelta è stata uno schoc : mi piaceva studiare e quindi mi vedevano diventare un medico giornalista o qualsiasi altra cosa tranne buttarmi nel mondo dell'agricoltura. Nel momento in cui però ho preso questa decisione i miei genitori l'hanno accolta. Ora sono davvero felici di ciò che sono diventata».

Cosa ti ha spinto ad andare avanti?

«Nel terzo e quarto anno ho capito che, con vari tirocini, volevo valorizzare l'agricoltura cambiando la materia prima . Mi sentivo dire che l'agricoltura non aveva futuro e porta una vita con poco denaro. Ho scelto comunque di continuare su questa strada e ancora il contrario di quanto mi sentivo ripetere: ero e sono sempre di più convinta che si può coltivare la qualità e sopportare una vita senza problemi».

Come ti senti ora ad aver realizzato questo sogno?

«Sono ancora all'inizio del sogno! Certo, sono contenta del percorso che ho fatto fino ad ora, ma me ne aspetta ancora molto. ​​Piano piano affronterò tutto: bisogna essere determinati in ciò che si vuole». 

Da dove è iniziato il tuo percorso lavorativo e come si è evoluto?

«Finita la scuola, sono andata in Piemonte per studiare casearia. Avevo già fatto delle esperienze nel settore: ero stata in una malga in Trentino e l'estate dopo ho messo in pratica ciò che avevo imparato lì, dove da sola gestivo una ventina di vacche. Sono quindi andata a lavorare in un caseificio dove contano da capre e pecore il latte e che teneva in gran valore gli animali. I primi anni non è stato semplice fare tutti i prodotti appena uscita dalla scuola. La mia era “routine annua”: malga, tornare in pianura, lavoro in capreria, malga, tornare in pianura e lavoro in capreria. Ho iniziato però a fare consulenza ad alcuni caseifici e in inverno mi sono specializzata nel mondo della trasformazione. Ho iniziato a lavorare in una scuola steineriana con dei bambini dell'età di asilo, elementari e medie. La scuola era annessa all'agricola: quello che era loro azienda lo mettevano subito in pratica . È stato davvero stimolante».

La scuola superiore ti ha aiutato a perfezionare la tua scelta lavorativa?

«Quando ho iniziato in quarta superiore l'alternanza scuola lavoro, ho scelto di vedere più ambiti possibili della trasformazione. In particolare aziende dove trasformavano il latte di capra, di vacca, facevano i salumi, raccoglievano le uova e facevano attività didattiche con le scuole. Facevo un po' il jolly, perché c'era poco tempo e non si c'era ad imparare tutto, dopo settimane però sapeva mungere vacche, le capre, gestire il gregge e caseificare insieme alla casara, moglie del proprietario, e aiutavo dove mi stato chiesto. Ho visto poi com'era gestita la didattica. Grazie a questo percorso di scuola - lavoro ho capito che quel tipo di azienda mi piaceva. Ci sono tornata l'anno dopo e ho avuto chiaro che volevo trasformare e valorizzare l'agricoltura» .

A scuola hai fatto attività che ti hanno aiutato o no?

«A scuola non c'era ancora il mio settore di interesse, ovvero il caseificio, però con vacche e cavalli ho lavorato. Facevo corsi extrascolastici, dopo la scuola. Comunque la scuola mi è servita per darmi un contesto, sia a livello pratico che teorico anche perché mi piace studiare».

                

Hai qualche piano innovativo se dovessi aprire un'azienda ? 

«Sicuramente sì e con calma vedremo cosa si riuscirà a fare nei prossimi anni».

Nessuno stereotipo

Si iscrivono sempre più ragazze all'istituto agrario Duca degli Abruzzi e molte alunne già da diplomate trovano un impiego che risponde alla loro formazione. Alessandra Pellegrino è docente di chimica nell'Istituto, oltre che degustatrice professionale, e tiene i rapporti con i profili in uscita dalla scuola, soprattutto femminile.
«La maggior parte delle studentesse uscite dalla nostra scuola intraprende un percorso formativo per lavorare più nello specifico con l'animale come per esempio diventare veterinario. Non mancano certo studentesse che seguono un percorso diverso come operatrice agricola, o che si orientano verso l'agriturismo , oppure infine che proseguono studi all'università per specializzarsi e diventare magari biologhe.»

Facendo un ipotetico sondaggio, sarebbero più le ragazze che prediligono quel genere di lavoro piuttosto che un lavoro più manuale?
«Le donne in ambito lavorativo sono meno portate genericamente al lavoro fisico-manuale, ma non perché non riescono ad applicarsi. In alcuni contesti come ad esempio la guida di mezzi agricoli oppure l'impegno come braccianti possono avere maggiori difficoltà ad inserirsi: sono ambiti visti storicamente come una prerogativa pressoché maschile. Non mancano però donne impegnate in agricoltura nella cura e lavorazione del fondo. Le ragazze uscite dalla nostra scuola e che si sono impegnate a proseguire un percorso di studi e di lavoro nel campo dell’enologia, nel campo caseario e agrituristico, sono riuscite ad ambientarsi tranquillamente senza alcuna difficoltà e non riportano lamentele o discriminazioni.».

Facendo un ipotetico sondaggio, sarebbero più le ragazze che prediligono quel genere di lavoro piuttosto che un lavoro più manuale?

«Le donne in ambito lavorativo sono meno portate genericamente al lavoro-manuale o fisico, anche come struttura genetica, è anche vero che contesti come la guida di mezzi agricoli sono visti come una prerogativa pressoché maschile, non mancano però le donne impegnate in agricoltura nella cura e lavorazione del fondo. Le ragazze uscite dalla nostra scuola che si sono impegnate a proseguire un percorso di studi e di lavoro nel campo dell’enologia, nel campo caseario e agrituristico, sono riuscite ad ambientarsi tranquillamente senza alcuna difficoltà e non riportando lamentele o discriminazioni. Frequente è anche la creazione di cooperative tra donne che gestiscono aziende agricole: questo appunto per rincalzare la mancanza di personale maschile.»
Le ragazze uscite dalla scuola preferiscono continuare gli studi o dedicarsi subito al lavoro?
«La maggior parte delle ragazze si dedica subito al lavoro vero proprio soprattutto in casi in cui è presente un'azienda familiare. Non mancano però casi in cui le ragazze preferiscono specializzarsi in alcuni ambiti riferiti comunque all'ambito agrario. La maggior parte dei ragazzi che si iscrivono alla nostra scuola lo fa più per imparare il mestiere che per l'amore nello studio. Le ragazze sono sicuramente più invogliate a continuare gli studi per puntare a un lavoro più dignitoso, senza nulla togliere alla lavorazione del fondo o alla cura di bestiame».


Una conclusione a chiosa di questo pezzo: non bisogna fare nessun stereotipo in campo lavorativo. Il dire che le donne non sono portate in agricoltura è una sciocchezza perché più dell'uomo la donna è capace di ambientarsi, superando critiche e discriminazione e anche eccellendo».

L'importante è formarsi ed essere competenti

Sempre stimolante e illuminante cogliere spunti da chi ha già affrontato prima di noi un pezzo dello stesso cammino. Elena Camporese e Federica Breda sono due ex studentesse del Duca degli Abruzzi. Elena si è diplomata nel 2020 ed è già dipendente in un'azienda zootecnica-lattiero casearia; Federica è laureata all'università di Conegliano e svolge mansioni di consulente tecnico in ambito enologico.

«Ho scelto il Duca – racconta Federica – per la mia passione per l'agricoltura». Fin da piccola non ha mai avuto dubbi su cosa ha fatto da grande, è finita la scuola ha continuato gli studi nonostante abbia ricevuto delle proposte lavorative interessanti,
entrambe si sono meravigliate dell'aumento esponenziale di iscrizioni al femminile negli ultimi anni.
La prima domanda che abbiamo posto loro è il motivo che ha portato Federica ad iscriversi all'università e nel caso di Elena ad entrare subito nel mondo del lavoro. «Essendomi diplomata in pieno periodo di Covid – spiega Elena – e non avendo le idee chiare, ho preferito immergermi nel mondo del lavoro, non pentendomi della scelta fatta». Federica invece ha scelto di proseguire gli studi grazie ad un corso triennale di enologia a numero chiuso per avere una specializzazione diversa, anche se “stanca” dei 5 anni di agraria e nonostante la difficoltà del corso e la lontananza di tragitto casa-università, è riuscita a laurearsi: questa laurea le ha permesso di ambire ad un posto di lavoro più difficoltà di inserimento senza troppe grazie al suo titolo di studio
Abbiamo poi chiesto se in futuro vorrebbero aprire una loro azienda o ricoprire un ruolo più importante nel contesto lavorativo. «Fondamentale è non accontentarsi di un ambito lavorativo, ma puntare sempre in alto – sottolinea Federica – Mi piacerebbe aprire una cantina mia, potendo contare con tante realtà diverse». Anche ad Elena piace molto il suo lavoro e il ruolo che ricopre, anche se non le dispiacerebbe in futuro diventare anche capo-reparto in azienda e magari in futuro costruirsi qualcosa di proprio.
Ma ex compagni di classe, datori di lavoro, colleghi o clienti si sono comportati e si consulta sempre in modo sempre rispettoso nei loro confronti? «Nell'esperienza lavorativa e scolastica – risponde Elena – non ho vissuto discriminazioni in quanto donna». Anche Federica per fortuna non si è mai sentita discriminata o ha ricevuto offese in quanto donna. «Raramente capita – aggiunge - che qualcuno sia un po' scorbutico, mi tratti da ragazzina, ma non mi faccio pestare i piedi e esigo rispetto».
Le donne, quindi, in ambito agricolo-alimentare sono ricercate e offrono un contributo importante in questo campo. «Una donna ha una marcia in più – afferma Elena – in ambito di innovazioni e idee e maggiore cura ai dettagli». Federica lavorando in un contesto prettamente maschile è una delle poche donne ma è comunque riuscita a farsi valere per la propria competenza acquisita grazie al suo percorso formativo e all'esperienza sul campo. «Gli agricoltori con cui collaboro – sottolinea – si fidano ciecamente di me».