La ruota non smette mai di girare
Storie di sfruttamento

Troverai alcune storie riguardanti lo sfruttamento nella nostra regione, non solo passate ma anche di estrema attualità. Alcuni video e immagini ti aiuteranno a seguire con più attenzione tutte le storie e a cogliere il filo conduttore che le lega tra di loro. Per immedesimarti ancora più a fondo nei vari racconti, all’interno del lavoro sono presenti delle interviste ai protagonisti delle storie o a chi ha raccolto queste testimonianze. È molto importante ricordare che lo sfruttamento, a differenza di quello che spesso si pensa, non è un argomento legato solo al passato ma è ancora di grande attualità e ci coinvolge, anche se non ce ne rendiamo conto! Buona visione e speriamo che il nostro lavoro possa piacervi e che voi possiate trovarlo interessante!




UOMINI che CORRONO per sostenere un ALGORITMO
I corrieri di Amazon devono ogni giorno subire orari strazianti; al servizio di un algoritmo che li “spreme” fino al midollo, facendo consegnare loro anche 120 pacchi al giorno. Abbiamo provato a fermare alcuni corrieri per rivolgere loro delle domande, ma loro hanno sempre risposto in modo molto rapido e sintetico, risultando forse anche sgarbati nei modi quando in realtà sono stati molto cortesi solo nel fermarsi per noi. Innanzitutto abbiamo chiesto cosa è cambiato per loro durante questo periodo e hanno risposto “Beh, prima andavamo di fretta, ora ancora di più”. Ultimamente con la pandemia globale di COVID-19 gli acquisti online sono aumentati. Consegnare mette però a rischio anche i corrieri, poiché incontrano varie persone durante il tragitto. Pensando dal punto di vista dei corrieri, lavorare per dei prodotti utili ha senso, mentre invece doversi affaticare per prodotti non di prima necessità peggiora solo la loro condizione, senza contare che loro non sanno chi ha toccato quei pacchi e fa paura pensare che possa essere una persona infetta da coronavirus. Abbiamo chiesto anche com’è lavorare per un algoritmo e loro hanno risposto che è stancante, anche perché esso pretende sempre il massimo da una persona e se si finisce prima del previsto, per il giorno seguente ci sono più pacchi da consegnare. Molti si sono abituati e riescono a consegnare più pacchi in una volta sola, evitando di passare varie volte per uno stesso quartiere, ma i nuovi dipendenti rischiano lettere di richiamo. Su un articolo online abbiamo trovato anche delle informazioni riguardo i centri di smistamento. Anche lì ogni movimento viene monitorato e bisogna avere un certo passo. Ovviamente dall’ansia per il rispetto delle consegne derivano vari problemi sia fisici che psichici dei dipendenti, oltre a stress e fatica. Recentemente è stata annunciata l’apertura di un nuovo centro di smistamento Amazon nel nostro territorio, che dovrebbe entrare in funzione il prossimo autunno. Il centro sorgerà a Spini di Gardolo, nell’area industriale a Trento nord e ospiterà 20 magazzinieri e 50 autisti. "Riteniamo importante la scelta di Amazon di riconvertire in modo ecologico un edificio dismesso e di prestare attenzione anche al verde che lo circonda", ha detto il sindaco della città Ianeselli. Nel marzo 2021 c’è stato il primo sciopero di Amazon in Italia. “Oggi le lavoratrici ed i lavoratori di Amazon scioperano per ristabilire il diritto alla contrattazione aziendale, per salari adeguati e ritmi di lavoro più umani, rispettosi delle normative sui tempi di riposo per consentire il recupero psicofisico (...)” ha detto il segretario della CISL Luigi Barra. Vari sindacati (Cgil, Cisl e Uil per citarne alcuni) sono scesi in piazza per chiedere un miglioramento nelle condizioni di lavoro dei dipendenti di Amazon, magazzinieri e corrieri.
LINK ARTICOLI Testimonianze - Centro di smistamento Trento - Scioperi
Ma nel PASSATO? Com'era la SITUAZIONE?
il PASSATO fa ancora MALE
Le storie che abbiamo deciso di raccontare vedono coinvolte le nostre famiglie negli anni della loro giovinezza: le esperienze con i primi lavori, come era la loro vita durante le giornate feriali e come tutto ciò influenzava il loro modo di vivere. Sono storie che parlano di lavori caratterizzati dallo sfruttamento: orari insostenibili, condizioni di lavori precarie e salari bassissimi. Per noi tutto ciò è visto come una vita impossibile ma per le nostre famiglie nulla poteva esserci di più normale. Abbiamo quindi deciso di indagare e di porre delle domande ai nostri parenti per scoprire di più sulle loro storie.
"La storia che voglio raccontare oggi vede coinvolta la mia nonna. La mia nonna aveva appena 15 anni e le condizioni delle famiglie a quei tempi erano estremamente precarie. Si guadagnava poco, giusto il necessario per vivere, grazie al lavoro in campagna dei padri di famiglia i quali erano aiutati dai figli, sia maschi che femmine. Agnese, infatti, era stata assunta come domestica nella casa di una famiglia benestante e lavorava dalla mattina presto fino a sera, pulendo i pavimenti, spolverando i mobili, preparando da mangiare, lavando i panni e riordinando le stanze. Riceveva un salario quasi minimo che poi portava a casa dalla propria famiglia. I suoi padroni non approvavano il fatto che Agnese fosse pagata, anche se non riceveva quasi niente, e quindi escogitarono un metodo molto ingegnoso per ridurre la paga della ragazza. Ella iniziava a lavorare la mattina come suo solito e, quando era distratta per via di una qualche faccenda, le lancette dell’orologio presente in casa venivano spostate di qualche ora indietro, di modo da farle credere di lavorare secondo i soliti orari quando in realtà le ore totali erano di gran lunga maggiori. Il livello di istruzione di quei tempi non era così elevato come quello attuale, la mia bisnonna sapeva a malapena leggere e scrivere, e quindi non si è mai accorta di ciò che succedeva alle lancette."
Abbiamo intervistato la nonna di Francesca
Abbiamo intervistato la nonna di Francesca
LINK FOTO (video) Mori
il SACRIFICIO di NELLA
Karin ha portato la storia di sua nonna Nella.
"Mia nonna Nella, all’età di soli 14 anni, fu mandata dai propri genitori a lavorare per aiutare la propria famiglia. Stavano vivendo una brutta situazione in quanto, da poco, la loro casa aveva preso fuoco per via di un temporale. Dopo l’incendio furono costretti a cambiare casa, ed essendo in nove era molto difficile riuscire a sfamare tutta la famiglia. Così i due genitori decisero di mandare i figli più grandi a lavoro. Inizialmente Nella fu mandata a lavorare a Lavis per badare a dei bambini, poi andò a Milano presso una famiglia benestante. Rimase a Milano per un paio d’anni e poi tornò a casa. Le cose andavano leggermente meglio ma nonostante ciò, i genitori la mandarono in Svizzera per lavorare in una fabbrica. Dobbiamo tener conto che di tutte le paghe che prendeva, a Nella non arrivava nulla in quanto i soldi andavano direttamente al padre, quindi questo non è stato uno sfruttamento della fabbrica e delle persone le quali ha lavorato, bensì della sua stessa famiglia. Nella prese il treno e arrivò in Svizzera, più precisamente a Huster, ovvero una città nei dintorni di Zurigo. Dopo diverse difficoltà giunse al convitto Insel dove alloggiavano altre ragazze della sua età. Ad attenderla all’entrata del convitto c’era la suora che lo dirigeva e una ragazza che la accompagnò nella sua stanza. Per sua fortuna Nella, si trovava molto bene con le altre ragazze e dopo diverso tempo arrivò anche sua sorella Teresa, quindi, si facevano compagnia reciprocamente. Insel era un convitto molto grande che ospitava in totale centodieci giovani ragazze trentine, bellunesi e trevisane. Tutte loro si trovavano lì per aiutare la loro famiglia, infatti dovevano lavorare in una fabbrica tessile: prendevano un batuffolo di cotone e dovevano filarlo, stando ben attente che non si rompesse, altrimenti dovevano iniziare tutto da capo. C’erano due turni: il primo partiva dalle cinque di mattina e finiva alle tredici, mentre il secondo iniziava alle tredici e terminava alle ventidue. Nonostante la lontananza e la nostalgia, Nella si è trovata meglio in convitto. Restò in Svizzera per due anni circa e poi tornò nuovamente in Trentino con la sua famiglia, che finalmente era felice e non era più in difficoltà. Incontrò mio nonno, si sposarono ed ebbero quattro figli e otto nipoti, tra i quali me."

1957, Barco, Albiano. Casa vecchia di Nella
1957, Barco, Albiano. Casa vecchia di Nella

1958, Svizzera, Nella con una suora
1958, Svizzera, Nella con una suora

1958, fabbrica, amica di Nella
1958, fabbrica, amica di Nella

1958, Svizzera, Nella nella fabbrica
1958, Svizzera, Nella nella fabbrica
ma ritornando al PRESENTE...
lo SFRUTTAMENTO IERI e OGGI
Lo sfruttamento non è stato abolito con il corso degli anni, ma è presente ancora oggi nel mondo. Ieri come oggi milioni di persone vengono trattate più come oggetti che come esseri umani; nessuno pensa a come loro si sentano veramente...Questo fenomeno succede oggi tanto come nel passato, per questo oggi porteremo due testimonianze, una dal passato e una dal presente per l’appunto, per dimostrare che nel corso di 70 anni circa, le cose, nonostante regole e leggi, non siano cambiate o perlomeno migliorate. La prima storia arriva direttamente dal 1952 e ci viene tramandata e raccontata da una nonna.
“Mio padre mi raccontava sempre questa sua “storia”, se così la vogliamo chiamare; mi affascinava sempre questo racconto, nonostante non fosse un qualcosa di allegro sulla quale riderci sopra. Iniziamo dal principio: mio padre, Tullio, è rimasto in Svizzera dal 1952 al 1960, se non ricordo male… Qui in Svizzera lavorava in una fabbrica di cemento, facendo un lavoro pesante, noioso e piuttosto monotono direi. Non riesco a immaginare come possa essere stato fare la stessa noiosa cosa ogni giorno tutti i giorni per 8 anni di fila… Mio padre, come tutte le altre persone che lavoravano insieme a lui, non veniva pagato sufficientemente paragonato al complicato lavoro che faceva… ora come ora non ricordo a quanto ammontava il salario, ma di sicuro non era per niente alto. La cosa peggiore di tutto ciò, credo fosse il fatto che non potesse andare in Italia a visitare la sua famiglia: se lui decideva di venire in Italia, per due o anche tre giorni, questi tre giorni non venivano considerati come “ferie”, quindi non avrebbe guadagnato neanche una lira. Ecco qui, questa è la storia di mio padre”
Grazie a questo racconto, possiamo capire quanto possa essere difficile e ingiusta la vita di alcune persone, costrette a lavorare sottopagate pur di mettere in tasca qualcosa per mantenere la propria famiglia… Dopo aver ascoltato questa storia, abbiamo deciso di fare una breve intervista per approfondire ancora di più la situazione del padre:
Quando ti è stata raccontata la storia per la prima volta? Come ti sei sentita quando ti è stata raccontata?
"Non ricordo bene, ma penso verso gli 8-9 anni. La sera, prima di andare a dormire, a mio papà piaceva ricordare il passato e così mi raccontava di quando non c’era ed era in Svizzera. Mi sentivo triste al pensiero del sacrificio che lui aveva fatto per guadagnare un po’ di soldi per la famiglia."
Come si sentiva tuo papà quando te la raccontava?
"Lui era triste però cercava sempre di non trasmettere troppa tristezza, per questo insieme alla storia raccontava sempre qualche aneddoto divertente."
Dove “alloggiava” quando era in Svizzera? Sai qualcosa di questo posto?
"Lui viveva con altre persone che lavoravano in quella fabbrica in dei prefabbricati che la ditta metteva a loro disposizione. Erano fabbricati piuttosto poveri: avevano dei letti, una stufa per farsi da mangiare e non avevano nemmeno l’acqua calda."
Che cosa svolgeva nella fabbrica?
"Nella fabbrica lui era un operaio: in poche parole venivano triturati dei sassi per fare la sabbia, che poi a sua volta veniva trasformata in cemento."
Il luogo dove lavorava era sicuro? C’erano le garanzie di sicurezza?
"Non era un luogo sicuro e proprio per questo purtroppo ci sono state persone che si sono fatte male."
Ma ora spostiamoci ai nostri tempi. Un nuovo rapporto della Clean Clothes Campaign documenta i salari e le pessime condizioni di lavoro nell’industria tessile e calzaturiera dell’Est e Sud-Est Europa. Ad esempio in Ucraina, molti lavoratori, nonostante gli straordinari, guadagnano davvero poco, 89 euro al mese, in un Paese dove per vivere dovrebbero guadagnare 5 volte tanto (almeno 438 euro mensili) per permettere alle famiglie i bisogni primari. I salari minimi in Paesi come questo sono sotto le rispettive soglie di povertà e dei livelli di sussistenza e le conseguenze sono terribili “A volte semplicemente non abbiamo da mangiare”, racconta una lavoratrice ucraina, “i nostri salari bastano appena per pagare le bollette elettriche di acqua e riscaldamento” afferma, invece, una donna ungherese. Le interviste a 110 lavoratrici e lavoratori di fabbriche di abbigliamento e calzature in Ungheria, Ucraina e Serbia hanno rivelato che molti di loro per avere del cibo a tavola deve fare straordinari, ma è comunque molto difficile superare il salario minimo. Molti delle persone intervistate hanno raccontato di come le loro condizioni di lavoro sono pericolose come l'esposizione al calore o a sostanze tossiche, in condizioni antigieniche, straordinari forzati illegali e non pagati e di abusi da parte dei dirigenti. I lavoratori, hanno raccontato, che si sentono intimiditi e sotto costante minaccia di licenziamento. “Ci pare evidente che i marchi internazionali si stiano approfittando in maniera sostanziosa di un sistema di foraggio da bassi salari e importanti incentivi governativi” ha dichiarato Deborah Lucchetti, portavoce della Clean Clothes Campaign nella sezione italiana, “In Serbia, ad esempio, oltre ad ingenti sovvenzioni, le imprese estere ricevono aiuti indiretti come esenzione fiscale fino a dieci anni, terreni a titolo quasi gratuito, infrastrutture e servizi. E nelle zone franche sono pure esentate dal pagamento delle utenze mentre i lavoratori fanno fatica a pagare le bollette della luce e dell’acqua, in continuo vertiginoso aumento” continua poi Deborah. Le fabbriche citate comprendono famosi e importanti marchi globali: tra questi troviamo Benetton, Esprit, GEOX, Triumph e Vera Moda. La Clean Clothes Campaign chiede a tutti i marchi coinvolti ad adeguare i salari corrisposti a livello dignitoso e di lavorare insieme ai loro fornitori per eliminare queste condizioni di lavoro mal sane e illegali che abbiamo documentato.
LINK FOTO (video) Folla - Apple Watch - Orologio vecchio
Perchè la ruota non smette mai di girare?
Durante questo percorso abbiamo appreso una consapevolezza maggiore di quella che è la situazione riguardo lo sfruttamento del lavoro. Confrontando il passato con il presente abbiamo capito che la situazione non è cambiata molto e che c'è ancora molto da fare per eliminare del tutto questo fenomeno. Speriamo quindi che con questo progetto altre persone come noi si rendano conto che lo sfruttamento del lavoro deve ancora essere sconfitto e che molte volte non bisogna andare molto lontano per scovarlo.